Cambiamenti climatici, venti minuti con Stefano Caserini
Ospite a Cooling Break, Stefano Caserini, ingegnere ambientale e dottore di ricerca in ingegneria sanitaria, svolge da anni attività di ricerca nel settore dell’inquinamento dell’aria e del problema dei cambiamenti climatici e dei processi per la rimozione di CO2 dall’atmosfera.
Il riscaldamento globale è la grande questione ambientale di questo secolo. La scienza è chiara: entro pochi decenni, dobbiamo rottamare l’attuale sistema energetico e costruirne uno basato su efficienza ed energie rinnovabili. Eppure non lo stiamo facendo con la rapidità necessaria, continuiamo a rinviare e ad accumulare ritardi. È ormai evidente che la paura e il senso di colpa non sono stati efficaci nel motivare le persone, le imprese, la politica e la società a modificare i propri comportamenti.
Come si spiega a chi non ci crede che i cambiamenti climatici sono davvero un problema e che dobbiamo fare qualcosa?
“A chi non vuole crederci possiamo dire poco. Se uno si rifiuta di prendere atto di una questione di questo tipo c’è poco da dire. A chi invece ha avuto poche informazioni possiamo darne alcune. La prima è che la scienza del clima non è cosa recente. Il fatto che l’uomo poteva incidere sul clima del pianeta è stato scritto nel 1896 con il primo articolo che parlava di riscaldamento globale dovuto all’uso del carbone. Esiste una comunità scientifica globale che crede in modo unanime alla tesi della responsabilità umana sul riscaldamento globale. L’argomento finale da usare a mio parere è questo: anche se non ci fosse il riscaldamento globale, che c’è, molte delle cose che noi dobbiamo fare per combatterlo dovremmo farle lo stesso per altri motivi come il minor inquinamento dell’aria, le città più sostenibili e per non dipendere dall’estero e dai combustibili fossili. Bisogna pensare ai benefici della lotta al cambiamento climatico!”.
È vero che aumentando di due gradi, o forse di qualcosa di più, la temperatura media, c’è il rischio che il cambiamento climatico sia irreversibile?
“La scienza del clima non identifica una precisa soglia oltre la quale ci sono danni irreversibili. È una transizione molto più graduale, quindi più stiamo a livelli bassi di aumento di temperatura meglio è. La scienza del clima dice anche che tra un grado e mezzo, due, alcuni componenti del sistema climatico potrebbero comportarsi in modo sostanzialmente diverso. Per esempio il ciclo dei musoni oppure i ghiacci di Groenlandia o Antartide.
Alcuni cambiamenti sono di per sé irreversibili. Pensiamo alla perdita di biodiversità, con l‘aumentare di specie estinte. Se pensiamo all’aumento del livello del mare, questo è reversibile soltanto dopo molte centinaia di migliaia di anni.
Qual è il ruolo che dovrebbe avere la comunicazione? Quali le tematiche da mettere in campo per fare in modo che sia un maggiore consapevolezza da parte dei cittadini?
Forse i mezzi di comunicazione oggi potrebbero fare due cose in particolare. La prima è far capire che il cambiamento climatico ci accompagnerà sicuramente per questo secolo. Non è un qualcosa di transitorio, destinato a finire nel giro di 2-3 anni. Questa va quindi affrontata come sfida del secolo e deve diventare una delle questioni cruciali su cui si rimodellano anche i processi e le dinamiche dello sviluppo socio industriale del paese.
L’altro fattore è far capire anche i benefici di questa transizione non soltanto dare una percezione di paura. Bisogna spingere le persone ad attivarsi, mobilitarsi facendo capire che anche questo può essere un modo per dare più benessere in generale. C’è forse anche da evitare di cedere con i toni allarmistici che poi generano una sensazione di scarsa credibilità.
Abbiamo letto che lei è anche co-autore/co-protagonista della conferenza-spettacolo “A qualcuno piace caldo”. Ci racconta un po’ cos’è?
“Questo spettacolo è nato qualche anno fa per cercare di raccontare il cambiamento climatico anche in modo gradevole e divertente. Quindi si è unito al tema dello storico film e della musica jazz, la scienza del clima. Devo dire che è piaciuto molto, lo avevamo già portato in giro e alle persone piace parlare del tema del cambiamento climatico non soltanto in una cornice di tristezza, di paure, di preoccupazione (che sono legittime).