Becchetti: “Serve un nuovo modello più sostenibile e resiliente”

Il professor Leonardo Becchetti è docente di Economia Politica a Roma Tor Vergata, consulente del Ministero della Salute in questo delicato passaggio contraddistinto dal Covid-19 e un grande utilizzatore di social media. In particolare su Twitter non manca di far circolare idee e rintuzzare quelle che ritiene poco avvedute. E’ un convinto esponente dell’economia civile, un nuovo modello di cui si avverte con urgenza la necessità.

 

Professor Becchetti, è possibile ripartire in sicurezza?

 

La ripartenza deve essere graduale, non credo ad esempio che tutte le regioni debbano ripartire allo stesso ritmo perché non tutti sono stati colpiti allo stesso modo. E’ giusto che chi può resti in smart work, perché lo smart work non è solo una modalità d’emergenza, ma deve diventare una parte integrante della nostra vita che ci consente di essere più ricchi di tempo, di conciliare meglio vita e relazioni, di essere più sostenibili sotto il profilo ambientale e più capaci di resistere ad episodi pandemici. Comunque gradualmente bisogna riaprire e la task force mi pare stia facendo un buon lavoro.

 

Si parla tanto di cambiare l’attuale modello di sviluppo. Come è possibile farlo?

 

Il Covid 19 è uno stress test che ha messo in evidenza tutti i limiti del nostro modello, solo per fare qualche esempio gli anziani ammassati nelle Rsa, l’inquinamento e la densità abitativa nelle grandi città… E’ come se questa pandemia ci stesse suggerendo di costruire un modello di sviluppo diverso e più resiliente, ovvero un modello dove il benessere sia valutato non solo in termini di crescita economica, ma anche di sostenibilità ambientale, di salute, di ricchezza di tempo. A mio parere è fondamentale un ‘Green new deal’ o se preferite un ‘Green industry 4.0’ cioè un incentivo molto forte per le imprese a investire nei settori più sostenibili, a migliorare la propria impronta ecologica, a dematerializzare e digitalizzare. Abbiamo capito che le zone più produttive del nostro Paese sono anche le più fragili e la lezione che dobbiamo trarne è questa: costruiamo un modello diverso e aiutiamo queste zone a ridurre i loro elementi di fragilità.

 

Il legame tra inquinamento atmosferico e diffusione del coronavirus sembra essere ormai chiarito. Cosa comporta in termini di scelte per il futuro?

 

Abbiamo di fronte una grande opportunità, non per una decrescita ma per creare valore sostenibile. Faccio un esempio: gran parte delle polveri sottili proviene dal riscaldamento domestico e negli ultimi dodici anni abbiamo fatto 40 miliardi di Pil attraverso incentivi fiscali all’efficientamento energetico degli edifici. Ora possiamo lanciare una nuova serie di investimenti, che tra l’altro darebbero impulso a un settore fondamentale come quello dell’edilizia. Poi vi è il grande tema della mobilità: investire in nuove forme, modificare parco auto andando verso veicoli elettrici e ibridi… Stiamo parlando non di bloccare ma di dare un grande stimolo all’economia. Dobbiamo ripensare i processi produttivi in chiave circolare e non lineare, ovvero disegnare prodotti che fin dall’inizio sono pensati ‘dalla culla alla culla’, ovvero in grado di generare nuovi prodotti attraverso la circolarità. E’ un’enorme opportunità, è fondamentale capire che bisogna andare in questa direzione altrimenti torniamo a sbattere subito. L’uscita non è in una crescita non importa come, ma in una attenzione molto forte a questo benessere resiliente.

 

Tra i progetti che sta portando avanti c’è quello di Gioosto, di cui abbiamo parlato sul nostro portale.

 

Da anni porto avanti l’idea del ‘voto col portafoglio’, perché penso che possa veramente cambiare il mondo. Mi sono convinto che una idea valida ma astratta, può veramente sfondare se la incarniamo in qualcosa di concreto, in una materialità, come abbiamo fatto con Gioosto. Abbiamo una alternativa a fare le file al supermercato facendo arrivare a casa questi prodotti che sono bio e sostenibili. E basta mettere un indirizzo diverso da quello di casa propria, per fare un dono a un amico, un familiare o anche a persone che sappiamo essere bisognose. Abbiamo creato anche sistema di conti sospesi per persone in difficoltà gestito dalla Caritas.

 

Come pensa saremo alla fine di questa pandemia?

 

Purtroppo non c’è una risposta deterministica. Dipende da noi, dalle scelte che faremo, dalle lezioni che sapremo trarre, dalle politiche che metteremo in atto. Spero, e almeno per me lo è stato, che questo periodo sia un kayros non un kronos, cioè non un tempo fatto di periodi uno uguale all’altro ma un tempo di riflessione. Ho imparato tantissimo e visto una grande ricerca di senso da parte delle persone. Mi ha colpito molto, ad esempio, che Sky abbia mandato in diretta la Via Crucis del Papa, una cosa che non sarebbe mai successa in passato.

Nel pensare alla persona non come massimizzazione di utilità ma come cercatore di senso, questo è un momento importante che ci ha aiutato a concentrarci sul tema del senso. Come saremo dipenderà dalla lezione che sapremo trarne, noi facciamo di tutto per cercare di dare segnali sulla crescita resiliente, sullo sviluppo sostenibile, sul voto col portafoglio. L’uscita da questa crisi non potrà che essere a quattro mani, uno dei grandi principi dell’economia civile: mercato, Stato-istituzioni, cittadinanza attiva, imprese responsabili. Oggi non usciamo da questa situazione senza il coordinamento di tante nostre piccole scelte individuali (il distanziamento sociale, il restare a casa, il rispetto delle regole), se questa grande esercizio di coordinamento lo sapremo ripetere dopo col voto col portafoglio, veramente potremo risolvere tanto. Questi sono i messaggi che cerchiamo di trasmettere e che pensiamo potrebbero darci un futuro migliore dopo il coronavirus.