Ora le pmi diventano più sostenibili
Stella Gubelli è responsabile della unit di Altis, l’alta scuola di management sostenibile dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che supporta e affianca le aziende nell’attivazione di percorsi virtuosi di CSR volti alla creazione di valore condiviso. Un ruolo molto prestigioso, in una istituzione che rappresenta una vera pietra miliare della sostenibilità nel nostro Paese.
Ci racconta cos’è Altis e di cosa si occupa?
Altis è una scuola di management sostenibile, siamo il braccio operativo dell’Università Cattolica. E’ un’Alta Scuola, un di centro di competenza che lavora in maniera focalizzata e specializzata sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa. Siamo nati nel 2005, quindi effettivamente siamo stati lungimiranti e il fondatore è stato l’allora Rettore, il nostro ex direttore, il professor Mario Molteni. Altis nasce con l’obiettivo di incidere nello sviluppo di percorsi di sostenibilità accompagnando le aziende, e incidere anche attraverso la formazione e la ricerca. Nel 2010 nasce all’interno di Altis l’unità di consulenza che coordino. Accompagniamo in maniera concreta e operativa le aziende in percorsi di sviluppo sostenibile.
Cosa significa per voi far si che la sostenibilità diventi centrale nelle strategie delle imprese?
Spesso tra i colleghi diciamo ormai la sostenibilità è diventata un fenomeno di moda e mainstream. Mi viene in mente il proverbio che dice ‘parlatene anche male purché ne parliate’. In questo momento tutti parlano della sostenibilità, ma dalle parole bisogna passare i fatti.
Fondamentalmente accompagniamo le aziende a comprendere che la sostenibilità non è un orpello o un ornamento rispetto al modo di fare business, ma deve essere integrata, partendo dalla strategia e da quello che l’azienda vuole. Noi immaginiamo che debba essere quello di generare impatti positivi e ridurre quelli negativi. Puoi seguire questo percorso solo se prendi in mano la tematica della sostenibilità e cerchi di considerare un approccio diverso al fare impresa. Questo e importante perché solo quando le aziende che si aggiornano riescono a incidere positivamente. Nel lungo periodo si riconoscerà molto bene l’azienda che fa sostenibilità solo perché ormai è un approccio di moda da quella che invece è sostenibile, perché ha incorporato queste tematiche e questo approccio all’interno delle proprie strategie.
Il consumatore nel medio periodo riuscirà a distinguere tra chi è serio e chi fa green o social washing?
Si, secondo me certamente il consumatore sta diventando sempre più consapevole, si parla di consumatori responsabili, consumatori critici. Fino a qualche tempo fa si parlava di millennials come generazione più orientata alla sostenibilità, recentemente si inizia a parlare di perennials, cioè delle persone che, indipendentemente dalla generazione a cui appartengono, hanno un’attenzione particolare alle scelte di vita sostenibile. Sicuramente il cliente spinge spinge le aziende ad agire verso la sostenibilità. Anche se devo dire che le spinte che arrivano alle aziende non sono solo di consumatori ma spesso nascono all’interno delle filiere produttive, quindi aziende inserite in determinati filiere produttive e vengono sollecitate dagli anelli successivi. Questo è molto interessante perché sappiamo che le aziende italiane lavorano in filiera, quindi c’è la prospettiva di una contaminazione verso queste tematiche.
Le catene di fornitura, quindi, come motore. Dal vostro osservatorio questo è vero anche per le pmi o solo per le grandi imprese?
Il trend emergente negli ultimi mesi è proprio la crescente attenzione da parte delle aziende di piccole dimensione, proprio perché inizia, come dicevo, quel meccanismo di trasmissione che parte dall’alto e arriva fino agli anelli più piccoli, ma fortunatamente più popolati di aziende. Per chi lavora in sostenibilità questo è un cambiamento importante perché è li che possiamo generare dei fatti concreti. Sulle piccole e medie imprese voglio spendere una parola in più: capiscono che è importante ora il passaggio e far comprendere loro che non solo è importante l’azione, la strutturazione interna ma anche la formalizzazione, la rendicontazione, la comunicazione, perché poi, in questo mondo che corre veloce, se non rendiconti e non comunichi spesso dai l’impressione di non fare.
Quali sono i nuovi lavori che stanno nascendo nell’ambito della sostenibilità?
La sostenibilità sta diventando più trasversale e questo lo notiamo proprio perché sempre più ci sono delle professionalità che sono classiche, che svolgono le funzioni che sono sempre state svolte, ma a cui si aggiungono anche delle competenze di sostenibilità. Mi viene in mente il controllo di gestione: chi si occupa oggi del controllo di gestione deve essere esperto anche di performance non finanziarie, c’è dunque un pezzettino di competenza sulla sostenibilità che si aggiunge a quella strettamente economico finanziaria. Poi l’energy manager, l’architetto o addirittura il cuoco sostenibile… Una recente ricerca fatta su dati Unioncamere evidenzia come in Italia ci sono 3 milioni di professionisti che hanno al proprio interno una parte di lavoro collegata alla sostenibilità.
Proprio in questi sono stati collocati questi primi BTP Green dello Stato italiano, che hanno avuto un successo clamoroso. La domanda ha superato di 10 volte l’fferta, 80 miliardi di richieste 8,5 miliardi di collocazione. La finanza sostenibile è un driver importante, le imprese se ne rendono conto?
Si, c’è una crescente competenza e conoscenza. Ci sono molti più percorsi formativi anche riservati a professionisti, imprenditori, ma soprattutto c’è anche la possibilità di imitare i tanti esempi virtuosi che possono fungere da fonte d’ispirazione per una contaminazione positiva. Sicuramente gli imprenditori e le aziende sono più preparate, anche perché gli stimoli sono diversi e, come diceva, arrivano anche dal mondo della finanza. L’imprenditore è assolutamente consapevole, quindi rispetto a qualche anno fa, certamente troviamo una platea di persone di azienda anche più attenti ad ascoltare, più attenta a recepire gli stimoli.
Un’ultima domanda: cosa bolle in pentola oggi in Altis?
Senz’altro, come dicevo, c’è una crescente attenzione da parte delle piccole medie imprese. Un secondo trend è che le aziende hanno compreso che non basta fare rendicontazione, che non basta pubblicare un bilancio di sostenibilità, ma è necessario avviare un percorso strategico. Terzo, vediamo che ci sono alcuni settori che in questo momento sono più attivi degli altri, penso all’agroalimentare.